martedì, Dicembre 3, 2024
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Cure connesse: la tecnologia deve essere smart

News da mondo medicale

Partire dalle esperienze e dai bisogni reali e coinvolgere medici e pazienti fin dal momento dell’ideazione. Ecco  le regole per progettare la tecnologia intorno alle persone

Avreste mai immaginato 15 anni fa cosa sarebbero diventati i telefoni cellulari e quali vantaggi avrebbero offerto a miliardi di persone nel mondo? E se qualcosa di simile succedesse con l’assistenza sanitaria? Capacità smart e connettività sono il presente e il futuro della tecnologia in ambito sanitario: basti pensare all’imaging diagnostico che è passato – proprio come i telefoni – dall’essere qualcosa di fisico e statico a un elemento dinamico e connesso all’interno di un sistema di sistemi, che continua ad evolvere.

Lo sviluppo di una vera connected care non può però reggersi sul mero avanzamento tecnologico: come sostiene Sean Carney, Chief Experience Design Officer & Business Leader Healthcare Transformation Services in Philips, è necessario che l’innovazione parta dalle esigenze reali e dalle esperienze delle persone, coinvolgendo cioè operatori sanitari e pazienti fin dall’ideazione. Altrimenti anche le tecnologie più avanzate, Intelligenza Artificiale (IA) in testa, si riveleranno inutili o, nel peggiore dei casi, una trappola che consuma risorse ed energie, quando invece dovrebbero facilitare il lavoro e le relazioni (sia tra medici, sia tra questi e i pazienti), proprio come oggi fanno gli smartphone.

Tre requisiti per un’innovazione smart
Ecco, dunque, quali dovrebbero essere i requisiti per progettare strumenti tecnologici davvero efficaci.

1- Rispondere a un bisogno reale
Imparando da errori del passato, lo sviluppo tecnologico deve uscire dal laboratorio e calarsi nella realtà quotidiana delle persone a cui vorrebbe migliorare la vita. Si deve guardare oltre la tecnologia in sé per capire dove e come sarà utilizzata, identificando i punti di interesse e mappando le opportunità lungo il flusso di lavoro. Per esempio, i sistemi basati su  intelligenza artificiale così ideati potrebbero ottimizzare la programmazione degli esami dei pazienti, aiutare nella selezione e nella preparazione degli esiti per evitare la ripetizione non necessaria di esami, oppure fare risparmiare tempo, integrando in modo automatico i risultati nei referti.

2 – Semplificare
Le innovazioni tecnologiche dovrebbero semplificare – e non complicare – il lavoro degli operatori sanitari, e sfruttare appieno le potenzialità degli strumenti, senza sottrarre tempo prezioso. Basta affiancare, ad esempio, i medici radiologi durante le loro giornate per rendersi conto che, nella complessità del loro ambiente di lavoro, la proposta di ulteriori soluzioni, che si aggiungano a quelle già utilizzate, non li aiuterebbe. Si trovano, infatti, già ora a dover eseguire diverse applicazioni software in parallelo su più monitor, pressati dal numero crescente di richieste di esami. Sarebbe utile, invece, sviluppare sistemi di IA in grado di integrarsi con gli strumenti già esistenti, per esempio per facilitare o velocizzare il reperimento di informazioni.

3 – Essere affidabili
Perché i medici adottino una tecnologia, infine, è necessario che abbiano fiducia nello strumento. Una fiducia che si conquista con la trasparenza sulla progettazione e sulle specifiche tecniche, con chiarimenti sulla logica alla base dell’utilizzo e delle raccomandazioni. I risultati restituiti dai sistemi di supporto, inoltre, devono essere il più possibile comprensibili.

Com’è cambiata la risonanza magnetica
Alcuni tra i migliori esempi di innovazione tecnologica che mette al centro le persone sono stati già implementati nell’ambito della risonanza magnetica. Sempre nell’ambito delle tecnologie basate su IA, esistono software di rilevamento (tramite telecamere) che consentono di monitorare contemporaneamente un centinaio di posizioni del paziente e la sua respirazione, permettendo anche all’operatore meno esperto di procedere alla preparazione di esami di routine. Alcuni supporti automatizzati del flusso di lavoro, poi, permettono agli operatori di concentrarsi di più sul rapporto con i pazienti e meno sulle difficoltà tecniche delle macchine.

Ancora, esistono algoritmi che velocizzano l’acquisizione delle immagini: riducendo i tempi, diminuiscono l’ansia e lo stress dei pazienti, costretti nello spazio angusto della risonanza magnetica. “Se si progettassero dispositivi e sistemi medici con lo stesso approccio smart e le stesse capacità di connettività degli smartphone, le esperienze di pazienti e del personale potrebbero diventare molto più piacevoli e prive di inutili difficoltà”, conclude Henk van Houten, Chief Technology Officer di Royal Philips: “Potremmo inoltre aumentare il ciclo di vita di tali dispositivi se fossimo in grado di aggiornarli e migliorarli con la stessa facilità con cui lo facciamo con i nostri smartphone”.

fonte: www.salute.eu

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