Istituto Superiore di Sanità
La peste è una malattia infettiva di origine batterica tuttora diffusa in molte parti del mondo, anche in alcune regioni dei paesi industrializzati. E’ causata dal batterio Yersinia pestis, che normalmente ha come ospite le pulci parassite dei roditori, ratti, alcune specie di scoiattoli, cani della prateria. In qualche caso le pulci possono infettare anche gli animali domestici come i gatti.
Normalmente, Yersinia circola tra queste specie senza causare alti tassi di mortalità, e quindi questi animali sono sostanzialmente delle riserve infettive di lungo termine. Occasionalmente, un’epidemia può uccidere anche grandi quantità di roditori e le pulci, in cerca di nuovi ospiti, si trasmettono anche agli esseri umani, diffondendo la malattia.
L’origine della peste è molto antica, e per la sua forza distruttrice, è diventata nell’immaginario collettivo la ‘morte nera’, la malattia che ha accompagnato l’umanità nei secoli e che per questo è spesso presente nelle grandi opere letterarie e artistiche. La storia della grande peste nell’Europa del 1350, che ha causato la morte di quasi un terzo della popolazione europea e ha letteralmente contagiato tutti i paesi dal Mediterraneo alla Scandinavia e la Russia nel giro di cinque anni, è particolarmente sinistra perché è stata la conseguenza di un atto deliberato di bioterrorismo.
Nel 1347, infatti, l’esercito dei tartari stava assediando Caffa, scalo commerciale della città di Genova in Crimea. Le fila dell’esercito orientale erano sconvolte da un’epidemia di peste, diffusa da qualche anno in Asia e così il khan Ganibek decise di utilizzare i corpi dei soldati morti per espugnare la città, catapultandoli oltre le mura. I marinai genovesi scappando da Caffa portarono la peste nei porti del Mediterraneo e da lì la malattia si diffuse in tutta Europa. E in Europa rimase come endemica, tornando a cicli di 10-12 anni, per i successivi tre secoli almeno. Anche oggi, nonostante sia ormai una malattia dalla diffusione molto limitata, la peste ha un potere evocativo notevole e riporta immediatamente a immagini di orrore e di devastazione.
Epidemiologia
La peste è diffusa in tutte le realtà dove le abitazioni sono infestate da pulci e da ratti, e quindi in condizioni di scarso livello di igiene.
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L’ultima epidemia urbana di peste negli Stati Uniti è stata nel 1924-25, a Los Angeles, e da allora la malattia si manifesta soprattutto nelle aree rurali al ritmo di 10-15 casi all’anno, soprattutto in due zone, quella del New Mexico, nord Arizona e sud Colorado e tra California, sud dell’Oregon e Nevada occidentale.
Globalmente invece, l’OMS riporta dai 1000 ai 3000 casi di peste ogni anno, distribuiti soprattutto tra Africa, Asia e Sudamerica. In Asia, la peste è diffusa nelle zone del Caucaso, in Russia, nel medioriente, in Cina, e anche in alcune zone dell’Asia sudoccidentale e sudorientale. Manifestazioni regolari della malattia si hanno in Madagascar, in Uganda e in Sudafrica. Recentemente, si sono avute epidemie consistenti in Kenia, Tanzania, Zaire, Mozambico, Botswana e anche in zone isolate nell’ovest e nel nord Africa. In Sudamerica, ci sono ancora due zone di attività della malattia, la regione andina montagnosa (in Bolivia, Perù ed Ecuador) e in Brasile. La peste è assente in Europa e in Australia.
Trasmissione e sviluppo della malattia
La peste si manifesta principalmente sotto tre forme diverse, che a volte possono anche essere compresenti:
- Peste polmonare: il batterio infetta i polmoni. Questa forma della malattia può trasmettersi da persona a persona attraverso l’aria o gli aerosol di persone infette e quindi costituisce una delle forme più pericolose per il potenziale epidemico che la caratterizza. La forma polmonare può derivare anche dalla degenerazione delle altre forme se non sono curate prontamente.
- Peste bubbonica: è la forma di peste più comune e si manifesta in seguito alla puntura di pulci infette o per contatto diretto tra materiale infetto e lesioni della pelle di una persona. Manifestazione tipica di questa forma è lo sviluppo di bubboni, ingrossamenti infiammati delle ghiandole linfatiche, seguiti da febbre, mal di testa, brividi e debolezza. In questa forma la peste non si trasmette da persona a persona.
- Peste setticemica: deriva dalla moltiplicazione della Y. Pestis nel sangue, e può essere una conseguenza di complicazioni delle due forme precedenti. Viene contratta per le stesse cause di quella bubbonica, e non si trasmette da persona a persona. Causa febbre, brividi, dolori addominali, shock e prostrazione, sanguinamenti della pelle e di altri organi, ma non si manifesta con bubboni.
- Il sospetto di peste si dovrebbe avere in seguito alla manifestazione dei primi sintomi, soprattutto in presenza di un bubbone, e di una possibile storia di esposizione a roditori o pulci. I bubboni solitamente si manifestano dopo 2-6 giorni dall’esposizione, e la malattia procede in modo rapido, eventualmente degenerando nelle forme polmonare e setticemica se non è trattata prontamente. L’incubazione della forma polmonare primaria invece dura da uno a tre giorni ed è caratterizzata da una polmonite acuta con tosse e sputo di sangue. Il tasso di morte nei pazienti con peste polmonare è del 50 per cento.
- Azioni preventive per ridurre l’incidenza della peste si possono orientare soprattutto al trattamento igienico degli ambienti, con disinfestazione dei ratti e di altri roditori e delle pulci che li accompagnano, e all’educazione sanitaria pubblica. Campagne per la disinfezione anche delle aree rurali, così come già applicato nelal maggior parte delle aree urbane, per l’eliminazione di rifiuti e di materiali che possono fungere da attrazione per i roditori e per il controllo costante dello stato di salute dei propri animali domestici, che andrebbero tenuti puliti da pulci e altri parassiti, ha contribuito in molte zone e può contribuire alla riduzione della presenza della peste.
L’agente patogeno
L’ultima grande pandemia di peste iniziò in Cina a fine ‘800 e da lì si diffuse al resto dei continenti, contagiando oltre 30 milioni di persone e uccidendone 12 milioni. Questa nuova diffusione della malattia fu affrontata con uno sforzo multinazionale di ricerca che portò all’identificazione dell’agente della malattia. Nel 1894, Yersin e Kitasato, lavorando separatamente, descrissero un batterio gram negativo, isolato a Hong Kong dai bubboni di persone morte di peste. In seguito allòa coerenza e ai risultati raggiunti dal primo dei due ricercatori, il batterio prese il suo nome, Yersinia pestis. Fu chiaro da subito che i portatori della malattia erano i ratti, visto che l’epidemia umana solitamente scoppiava in seguito a una grande moria di roditori. L’osservazione che non fosse necessario il contatto umano per diffondere la malattia, portò alla comprensione del ruolo delle pulci nella sua trasmissione.
Oggi, esistono numerosi studi sulla trasmissione, l’epidemiologia e la patogenesi della peste di cui uno di Gage, apparso su Bacteriological review nel 1998, che analizza il percorso scientifico che ha portato alla diagnosi della malattia da parte dei due ricercatori.
Trattamento
Il momento non è disponibile un vaccino contro la peste, per cui non è possibile effettuare un trattamento preventivo di questa malattia. Diventa quindi essenziale riconoscerne i sintomi rapidamente e intervenire nelle prime ore dalla loro comparsa.
La peste polmonare si manifesta con febbri, mal di testa, debolezza, e un rapido sviluppo di polmonite, con i suoi segnali caratteristici: respiro corto, dolori toracici, tosse. Se il trattamento non è rapido, il paziente può morire nel giro di pochi giorni. Per ridurre le probabilità di morte è essenziale trattare con antibiotici entro le prime 24 ore dalla comparsa dei sintomi, con streptomicina, gentamicina, tetracicline o cloramfenicolo. Il trattamento con antibiotici è raccomandato, secondo i CDC americani, per sette giorni anche nelle persone che entrano potenzialmente a contatto con il malato, per prevenire l’insorgenza della malattia.
I CDC americani hanno pubblicato, nel 1996, una serie di Raccomandazioni sulla prevenzione della peste, sul bollettino settimanale Morbidity and Mortality Weekly Report, con indicazioni messe a punto dal Comitato per le pratiche immunitarie.
Il tempo in cui era normale veder morire i bambini
La Peste, tableau du peintre suisse Arnold Böcklin, 1898
Si è «vedovi» quando si è perduto il proprio coniuge, «orfani» quando sono venuti a mancare i propri genitori, ma non esiste parola per definire chi ha vissuto la perdita di un figlio. Bisogna dire che, per secoli, vedere il proprio bambino morire di malattia è stato purtroppo «normale». In Svizzera, nel corso del 1876 (anno di inizio delle statistiche sulla mortalità), circa 200 bambini su 1000 morirono prima di raggiungere un anno d’età. Oggi, per fortuna, il tasso di mortalità infantile è sceso a circa 3,5 su 1000.
Si deve questo straordinario progresso soprattutto alla vaccinazione generalizzata, associata naturalmente all’igiene e a una buona alimentazione. Infatti, quando una popolazione è vaccinata in massa contro il microbo germe (virus o batterio) di una malattia contagiosa, beneficia di una immunità collettiva: anche se una persona è infetta, il contagio non può diffondersi perché le persone con le quali è a contatto sono già immunizzate, cosicché le persone che non possono essere vaccinate – in particolare i neonati e le persone con immunità ridotta – sono protette dalla resistenza del gruppo. Il tasso di vaccinazione che permette di raggiungere questa immunità collettiva dipende dalle malattie: più una malattia è contagiosa, più il tasso di vaccinazione necessario è deve essere alto. Ad esempio, è del 95% per il morbillo e del 70% per l’epatite B.
Le epidemie cambiano la Storia
Dalla più remota Antichità, le civiltà hanno dovuto affrontare varie ondate epidemiche che si sono spesso protratte per molti anni. Le più tristemente famose in Europa sono la peste, il colera, il vaiolo e il tifo. Accompagnando le carestie e le guerre, fluttuando con i grandi periodi di freddo, queste malattie contagiose hanno imperversato una dopo l’altra – o contemporaneamente – apparendo e scomparendo con il trascorrere dei secoli. La più impressionante è stata la peste nera che ha devastato l’Europa dal 1347 al 1352, sterminando tra il 25 e il 50% della popolazione, portando con sé grandi cambiamenti nell’economia, nella geopolitica e anche nella religione.
In seguito a queste epidemie, gli individui che sopravvivevano all’infezione erano immunizzati, cosicché, successivamente, le malattie infettive potevano colpire solo i bambini piccoli. Perciò, il morbillo è spesso percepito – a torto – come una malattia infantile. Esattamente come il vaiolo causato da un virus particolarmente contagioso che ha imperversato a lungo. GMa grazie a grandi campagne di vaccinazione condotte a partire dal 1958 su scala mondiale, il vaiolo ha potuto essere debellato nel 1979, cosicché la vaccinazione ha potuto essere interrotta. Anche la poliomielite o la difterite che colpiscono soprattutto i bambini di età inferiore a 5 anni, sono ormai sotto controllo nella maggior parte delle regioni del globo. Anche il morbillo, pur essendo molto contagioso, non circola più in alcune regioni del mondo dove il tasso di vaccinazione è sufficiente.
Nel XIX secolo, in Svizzera, è il colera ad aver segnato più a fondo gli animi. Ma se si tiene conto delle persone malate e dei decessi, il colera ha fatto meno vittime della tubercolosi o dell’influenza spagnola del 1918 che ha causato nel Ppaese la morte di 21’000 persone, il 70% delle quali aveva tra 20 e 49 anni.
Fiammata, epidemia, pandemia
Infatti, ci sono tre parole per descrivere la portata di un contagio. Si parla di «fiammata» per descrivere l’improvvisa comparsa di qualche caso. Si parla di «epidemia» quando il contagio interessa una regione o qualche paese, e si parla di «pandemia» quando il contagio si diffonde in un intero continente o più.
Un’epidemia o una pandemia possono essere causate da un batterio o da un virus già noti, quando la percentuale di persone vaccinate non permette (o non permette più) la protezione attraverso l’immunità collettiva. Può anche essere dovuta a un batterio o a un virus comparsi recentemente, come l’AIDS nel 1983 o il coronavirus SARS nel 2002-2004.
Quanto all’influenza stagionale, si tratta di una malattia contagiosa causata da diversi ceppi di virus. Alcuni ceppi appaiono regolarmente attraverso mutazioni e incroci, creando nuove minacce per le popolazioni. Perciò, i vaccini contro l’influenza cercano di immunizzare le popolazioni contro diversi ceppi contemporaneamente: i virus già noti e i nuovi mutanti, quelli che gli specialisti temono di più perché potrebbero scatenare una nuova pandemia letale, come già avvenuto nel 1918, nel 1957, nel 1968 e 2009.
Quattro famiglie di epidemie
Possiamo dividere le malattie epidemiche in quattro famiglie:
- Le malattie che colpiscono l’apparato digerente: diarrea, colera, salmonella, ecc. Si trasmettono soprattutto attraverso l’acqua contaminata da germi fecali.
- Le malattie i cui microbi si trasmettono da persona a persona attraverso goccioline emesse con tosse e starnuti: difterite, influenza, morbillo, tubercolosi, ecc. Il contagio avviene respirando queste goccioline infette sospese nell’aria o ricadute su alimenti od oggetti.
- Le malattie a trasmissione sessuale: AIDS, sifilide, epatite B, papillomavirus umano, ecc.
- Le malattie diffuse attraverso punture e morsi di animali (pulci, pidocchi, zecche, zanzare): malaria, febbre gialla, febbre tropicale, zika.
Una falsa sensazione di sicurezza
Ai nostri giorni, con i farmaci di cui disponiamo, possiamo avere la sensazione di essere al riparo da una grande epidemia come quelle che hanno funestato il passato. Si tratta di un errore: un’ecatombe è sempre possibile. Gli incessanti movimenti di merci e di persone attraverso l’intero pianeta ne aumentano il rischio. Tanto più che, per via di una sensazione di sicurezza dovuta al fatto che gli altri si vaccinano, troppe persone trascurano di vaccinarsi o di far vaccinare i propri figli: il tasso di vaccinazione scende allora sotto la soglia che assicura l’immunità collettiva… Così, nel corso degli ultimi decenni, la Svizzera ha conosciuto diverse grandi epidemie di pertosse (1994-1995) e di morbillo (2006-2009), malattie che si pensavano sotto controllo.
Vaccini per la protezione individuale
I vaccini non contribuiscono soltanto al controllo delle gravi malattie contagiose ma anche alla loro eradicazione. Proteggono l’individuo anche da malattie non contagiose, come il tetano o la meningoencefalite da zecche. In questo caso, l’immunità collettiva non gioca alcun ruolo: si può contrarre una tale malattia anche se tutte le persone con le quali si è contato sono ben immunizzate.
Tutela igienico-sanitaria e socio assistenziale
- attività integrate che si qualificano come assistenza diretta alla persona, aiuto domestico, prestazioni igienico-sanitarie di semplice attuazione, complementari alle attività di assistenza e tutela, di tramite con servizi e risorse interne, al fine di favorire l’autonomia personale dell’ospite nel rispetto della sua autodeterminazione ed allo scopo di evitare, o comunque di ridurre i rischi di isolamento e di emarginazione;
- prestazioni di carattere domestico, di aiuto alle persone, e igienico sanitario: alzata dal letto, pulizie personali, aiuto per il bagno, vestizione, nutrizione, aiuto nell’assunzione dei pasti, corretta deambulazione, movimento degli arti invalidi, accorgimenti per una giusta posizione degli arti in condizioni di riposo, aiuto nell’uso di accorgimenti o attrezzi per lavarsi, vestirsi, mangiare da soli, mobilizzazione delle persone costrette a letto, cura delle condizioni igieniche dell’ambiente anche attraverso l’utilizzo di elettrodomestici, riordino del letto e della stanza, cambio della biancheria, assistenza per la corretta esecuzione delle prestazioni farmacologiche prescritte dal medico, prelievo della temperatura, rilievo di segni e sintomi di malattia per l’opportuna segnalazione, frizioni e massaggi.
- Aiuto all’anziano nel soddisfacimento dei suoi bisogni sia di tipo fisico (igiene, alimentazione, riposo, ecc.) che di tipo psicologico e sociale (sicurezza, stima, affetto, ecc.) al fine di mantenere e se possibile migliorare le condizioni di salute dell’anziano, salute intesa appunto come benessere psicofisico della persona.
- Principi da osservare: stimolare l’anziano ad utilizzare tutte le sue capacità residue al fine di acquisire o mantenere la massima autonomia possibile e sostituendosi a lui solo quando necessario; rispettare la privacy; tener conto di eventuali richieste dell’Ospite al riguardo, compatibilmente con le esigenze di reparto; informare sempre l’interessato di ciò che si sta facendo e chiedere la sua collaborazione.
Obiettivi
Tale attività di assistenza, e in generale il lavoro socio-assistenziale, hanno l’obiettivo di garantire, nei limiti del possibile, una buona qualità di vita all’anziano ospite, cercando di creare le migliori condizioni perché possa trovarsi a proprio agio. Per questo motivo acquista un’importanza fondamentale la modalità con cui vengono erogati i servizi alla persona: aiutare l’anziano nel soddisfacimento di un bisogno di tipo fisico può diventare un’occasione di dialogo, di incontro con l’anziano stesso rispondendo così anche al suo frequente bisogno di relazione, di stima, di fiducia, di affetto.
Particolare attenzione deve essere rivolta naturalmente agli ospiti non autosufficienti, cercando di prevenire e ridurre le complicanze derivanti dall’immobilizzazione utilizzando tutti i mezzi disponibili e seguendo sempre le indicazioni della responsabile delle attività assistenziali o del terapista della riabilitazione.Fornire agli Ospiti un ambiente sicuro e terapeutico attraverso: un attento controllo affinché non ci siano pericoli, ostacoli che possano arrecare danno agli Ospiti (fili luce scoperti, ostacoli nel corridoio, porte lavanderia aperte, armadietto detersivi aperto, ecc.); un’accurata igiene degli ambienti, ordinaria e straordinaria; un’adeguata areazione ed illuminazione degli ambienti, verificando anche la temperatura e l’umidità (d’inverno).
L’Amministrazione si impegna far sì che l’ambiente sia accogliente e confortevole sia dal punto di vista fisico che psicologico, poiché tali caratteristiche sono fondamentali e determinanti al fine di migliorare la qualità di vita degli Anziani Ospiti.Una particolare attenzione deve essere riservata agli Ospiti appena entrati aiutandoli ad orientarsi nella nuova abitazione, informandoli ripetutamente dei ritmi, scadenze esistenti in Casa di Riposo, aiutandoli ad inserirsi e quindi a conoscere i compagni di stanza, alcuni Ospiti, ed anche le diverse figure professionali che lavorano nella struttura.Il servizio è erogato continuativamente sulle 24 ore giornaliere, secondo il piano di lavoro elaborato dal responsabile di servizio, a disposizione degli interessati.
Fonti: EpiCentro, InfoVac, Fondaz. Luigi Boni
COVID-19 Un anno di pandemia. Dai primi casi a fine 2019 alla somministrazione delle prime dosi di vaccino a fine 2020. Le dieci date che hanno segnato l’anno
Esattamente un anno fa, il 31 dicembre 2019, la Cina comunicava la diffusione di un “cluster” polmoniti atipiche di origine virale. Dal deposito della sequenza di Sars-Cov-2 nei database delle biobanche avvenuta il 10 gennaio 2020 all’approvazione da parte dell’FDA di BNT162b2 -il primo vaccino della storia per Covid-19- avvenuta il 14 dicembre, ecco le 10 principali tappe della storia della pandemia.
31 DICEMBRE 2019: L’AMMISSIONE DEI PRIMI CASI
Il 31 dicembre 2019 la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina) ha segnalato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un cluster di casi di polmonite a eziologia ignota nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. La maggior parte dei casi aveva un legame epidemiologico con il mercato di Huanan Seafood, nel sud della Cina, un mercato all’ingrosso di frutti di mare e animali vivi.
10 GENNAIO 2020: IDENTIFICATO IL NUOVO VIRUS
A distanza di pochi giorni dall’annuncio del cluster di casi a Wuhan i ricercatori cinesi depositano la “carta di identità” del virus, ovvero la sequenza dell’RNA virale, nel database internazionale virological.org. Diverso da tutti i virus conosciuti sino a quel momento, la conoscenza della sequenza è il primo passo nella lotta al coronavirus.
20 GENNAIO 2020: IL VIRUS SI TRASMETTE DA PERSONA A PERSONA
In una purtroppo storica conferenza stampa della China’s National Health Commission viene confermato quanto già sospettato da giorni. Il nuovo coronavirus si trasmette da uomo ad uomo. E’ la conferma della nascita di una nuova malattia virale che verrà identificata con il nome di COVID-19 (Coronavirus Disease).
23 GENNAIO 2020: WUHAN INIZIA IL LOCKDOWN
Inizia il primo lockdown di massa della storia. 60 milioni di persone appartenenti alla provincia di Hubei -di cui 11 nella sola città di Wuhan- entrano in un rigido lockdown. Strade deserte e servizi ridotti al minimo. Le immagini che giungono dalla Cina sembrano quelle di un film. Nessuno lontanamente immagina che le stesse misure verranno varate anche nel nostro Paese poco più di un mese e mezzo dopo. Nelle settimane successive il virus ha un nome, Sar-Cov-2. Le prime indagini indicano che il virus è identico per il 96,2% del genoma al coronavirus tipico del pipistrello.
21 FEBBRAIO 2020: I PRIMI CASI ITALIANI
Pur essendo stati identificati a fine gennaio due casi di coronavirus in turisti cinesi in visita a Roma, il 21 febbraio viene identificato quello che erroneamente sarà il paziente zero, un 38enne di Codogno. Diversi focolai sono presenti in alcune zone del Nord Italia come a Vo’ Euganeo e nella provincia di Bergamo. Incominciando a cercare attivamente il virus -prima l’indagine mediante tampone molecolare era eseguibile sono in persone di ritorno dalla Cina-, nel giro di 3 giorni si arriva a 325 casi confermati. E’ l’inizio della prima devastante ondata per l’Italia. Un’ondata a cui si cerca di porre rimedio con il lockdown nazionale a partire da domenica 8 marzo.
11 MARZO 2020: L’OMS DICHIARA LO STATO DI PANDEMIA
Il virus si diffonde rapidamente e in un territorio sempre più vasto. L’epidemia è in gran parte fuori controllo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara ufficialmente lo stato di pandemia. Emblematiche le parole del direttore dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesu: “Nelle ultime due settimane il numero di casi di COVID-19 al di fuori della Cina è aumentato di 13 volte e il numero di paesi colpiti è triplicato, ci sono più di 118.000 casi in 114 paesi e 4.291 persone hanno perso la vita. Altre migliaia stanno lottando per la propria vita negli ospedali. Nei giorni e nelle settimane a venire, prevediamo che il numero di casi, il numero di decessi e il numero di paesi colpiti aumenteranno ancora di più. L’OMS ha valutato questo focolaio 24 ore su 24 e siamo profondamente preoccupati sia dai livelli allarmanti di diffusione e gravità, sia dai livelli allarmanti di inazione. Abbiamo quindi valutato che COVID-19 può essere caratterizzato come una pandemia”.
16 MARZO 2020: INIZIANO LE SPERIMENTAZIONI DEI PRIMI VACCINI
A poco più di due mesi dall’identificazione della sequenza virale di Sars-Cov-2 iniziano le prime sperimentazione dei vaccini per Covid-19. A dare il via ai trial clinici sono Moderna -con il primo vaccino a mRNA- e CanSino -vaccino a vettore virale-. Da quel momento ad oggi sono 69 i vaccini in fase sperimentale nell’uomo.
16 GIUGNO 2020: IL DESAMETASONE RIDUCE IL NUMERO DI DECESSI
Nonostante i vari tentativi nella ricerca di farmaci efficaci contro il virus, l’unica molecola che si è dimostrata avere grandi effetti nel ridurre il numero di decessi nei casi più gravi di Covid-19 è il desametasone. Tale molecola, un vecchio farmaco antinfiammatorio, si è dimostrara utile nel ridurre di oltre un terzo le morti in quei pazienti più gravi sottoposti a ventilazione meccanica. Ad annunciarlo è l’Università di Oxford sulla base dei dati raccolti nello studio RECOVERY (Randomised Evaluation of COVid-19 thERapY).
FINE OTTOBRE 2020: INIZIA LA SECONDA ONDATA IN EUROPA
Dopo un’estate dove in Europa i casi si sono ridotti al minimo, Francia, Spagna, Germania e successivamente Italia sperimentano la risalita nel numero dei contagi. Al di là del numero totale di casi -non comparabile tra la prima e la seconda ondata-, in Italia assistiamo ad un contagio diffuso su tutto il territorio nazionale. Una situazione differente rispetto a marzo quando la maggior parte dei casi e dei decessi si è registrata al Nord.