Una domanda affascinante che riguarda l’evoluzione della nostra specie: perché abbiamo assistito alla scomparsa dell’uomo di Neanderthal e al progressivo sopravvento dei nostri antichi cugini Homo Sapiens che fra 45mila e 40mila anni fa hanno coesistito in Europa? Ci si è sempre chiesti perché una delle due specie sia sopravvissuta, mentre l’altra no. Qual è stato insomma il vantaggio competitivo dell’uomo moderno sull’uomo di Neanderthal?
Un gruppo di ricerca italo-giapponese ha identificato, grazie anche alla spettroscopia infrarossa di Elettra Sincrotrone su alcuni reperti archeologici, le prime prove dell’utilizzo in Europa, da parte dell’uomo moderno, di proiettili scagliati con armi da getto (propulsori o arco) risalenti a 45.000-40.000 anni fa. La ricerca pubblicata su Nature Ecology & Evolution retrodata di circa 20.000 anni la comparsa delle prime armi da getto nel continente europeo. Tecnologie come quelle del propulsore e dell’arco hanno permesso all’uomo moderno di ottenere maggiore successo nella caccia rispetto ai Neanderthaliani.
Il team di ricerca guidato dagli archeologi Katsuhiro Sano (Center for Northeast Asian Studies, Tohoku University) e Adriana Moroni (Department of Environment, Earth and Physical Sciences, University of Siena), e dal paleoantropologo Stefano Benazzi (Department of Cultural Heritage, University of Bologna), ha studiato 146 reperti litici a dorso arcuato, le cosiddette semilune, rinvenuti alla Grotta del Cavallo (Nardò, Lecce), in livelli attribuiti all’Uluzziano, la prima cultura dell’uomo moderno in Europa.
Questi pezzi sono stati analizzati a livello macroscopico e microscopico con un microscopio digitale Hirox e i risultati sono stati comparati con le tracce d’uso ottenute sperimentalmente. Grazie a queste analisi sulle semilune sono state identificate fratture ed altre microscopiche tracce da impatto, diagnostiche di un uso di questi oggetti in armi da caccia. Mentre le analisi di spettroscopia infrarossa dei residui presenti su alcune semilune effettuate dal team di Elettra Sincrotrone di Trieste hanno dimostrato che questi elementi venivano fissati all’asta del giavellotto o della freccia usando adesivi complessi, composti mescolando ocra, gomma vegetale e cera d’api. “Il confronto con diversi campioni di suolo provenienti da Grotta del Cavallo ha permesso di escludere la presenza di contaminanti organici nel terreno di scavo, e ha confermato l’impiego di ocra formata da un misto di silicati e ossidi di ferro” dice Chiaramaria Stani di Elettra Sincrotrone Trieste. Commenta Lisa Vaccari, responsabile del laboratorio di spettroscopia e microscopia infrarossa di Elettra Sincrotrone: “L’analisi microscopica con luce infrarossa ha permesso di dimostrare che le semilune erano fissate in modo stabile all’asta di legno tramite un adesivo complesso, composto appunto da ocra, gomma vegetale e cera d’api.
L’apporto di una facility come Elettra Sincrotrone è stata proprio nella parte analitica della ricerca e ha consentito di caratterizzare da un punto di vista chimico questi microscopici residui adesi ai reperti litici, avvalorando l’ipotesi dell’impiego delle semilune in armi da getto poiché nel momento in cui viene scagliata una freccia la parte litica deve avere un ancoraggio sul pezzo ligneo superiore ad un’arma lanciata con le mani.”
Questi risultati hanno contribuito a retrodatare di circa 20.000 anni la comparsa delle prime armi da getto nel continente europeo. “Gli uomini moderni – commenta Katsuhiro Sano – che migrarono in Europa erano equipaggiati con armi quali il propulsore o l’arco e le frecce, la cui più alta energia d’impatto offriva nella caccia, e quindi a livello di sussistenza, un vantaggio sui Neanderthaliani”. Ecco svelato il vantaggio che avrebbe portato all’estinzione dei nostri cugini Neanderthaliani.