venerdì, Novembre 8, 2024
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Solaris

Romanzo di fantascienza di Stanisław Lem

riceviamo da Pietro Musilli e volentieri pubblichiamo

Romanzo di fantascienza di Stanisław Lem, il suo più celebre, tradotto in più di 30 lingue, pubblicato nel 1961, edito per la prima volta in Italia nel 1973 (casa editrice Nord): tale prima edizione italiana è molto rara.

Il romanzo Solaris rappresenta pienamente quel genere di fantascienza filosofica oggetto della produzione letteraria di Lem, pur differenziandosi dalle altre opere per struttura e modalità di stesura. In tale libro il protagonista è Kelvin, uno psicologo che viene inviato in una stazione spaziale sospesa sopra l’oceano di Solaris, un pianeta oggetto di studio da decenni da parte degli scienziati terrestri. Sembra che questi stiano impazzendo, e Kelvin è mandato a vedere cosa succede.

Solaris è un pianeta diverso dagli altri; interamente ricoperto di un liquido plasmatico, sembra costituire un unico enorme essere vivente in grado di pensare. Per un qualche strano fenomeno, riesce, se arriva a contatto con un’altra conoscenza, a leggerla e materializzarne i pensieri. Scopo della missione spaziale attorno a Solaris è sia stabilire un contatto con il pianeta, sia cercare di capire “che cosa” sia realmente. In questo contesto l’autore inserisce nel romanzo una gran mole di dati (i presunti studi compiuti sul pianeta) arrivando alla conclusione che Solaris sfugge alle possibilità della conoscenza umana: per quanti dati si possano misurare ed ottenere dal pianeta, esso rimane un mistero inesplicabile. Anche se Kelvin ancora non lo sa, si è fatto un passo in avanti decisivo per quanto riguarda lo stabilire comunicazioni con il pianeta: esso riesce finalmente a percepire la presenza degli scienziati della stazione orbitante ed a leggerne i pensieri; in questo modo, per effetto del pianeta, all’interno della navicella si materializzano dal nulla delle persone che rappresentano tutte un desiderio inconscio di ciascuno scienziato. I problemi psicologici cui essi sono soggetti sono dovuti proprio a questo. Ogni “visitatore”, seppur legato indissolubilmente alla persona che lo ha “evocato”, dimostra nei propri atteggiamenti, espressione di emozioni reali, la peculiarità della propria esistenza e il suo “essere reale” nella somiglianza pressoché perfetta ad un normale essere umano, ma dissimile nella sostanza, per la struttura neutrinica della sua composizione, che lo rende, almeno in apparenza, immortale e indistruttibile. Kelvin, come conseguenza di questo straordinario fenomeno, sulla navicella ritrova la giovane moglie Harey, morta suicida qualche anno prima, e, dopo un iniziale rifiuto, si vede coinvolto emotivamente in questa situazione irreale. La vicinanza di una persona che possiede ricordi, emozioni ed una capacità di comprensione (fino anche ad una presa di coscienza del proprio stato e della propria esistenza), porta Kelvin, tra lucidità e follia, ad una ricerca esasperata di una risposta ai propri dubbi e alle proprie incertezze; un viaggio interiore che è il risultato di un lungo percorso che parte dall’iniziale tentativo di comprendere Solaris.

Solaris è un’opera che distrugge tutte le certezze del positivismo novecentesco, e, seppure alla fine l’enigma è risolto con un espediente scientifico, la risposta di Kelvin alle sollecitazioni di Solaris resta irrazionale, e l’incapacità di trovare il senso ultimo degli ospiti prodotti dal pianeta simboleggia il vano affannarsi dell’uomo nel cercare di conoscere l’inconoscibile. Simile all’oceano kantiano della metafisica, in cui l’uomo naufraga credendo di scorgere la terraferma ma facendosi ingannare dal suo desiderio di trovare una spiegazione là dove non vi possono essere, l’oceano di Solaris rappresenta l’ignoto, il limite ultimo dell’intelletto e della razionalità umana. Ma è anche simbolo di qualcosa di primordiale, che ricorda le origini dell’uomo e della vita stessa, come ben dimostra Gianfranco De Turris in  Solaris, o “dell’irrazionale”, postfazione all’edizione Mondadori del 2003. All’oceano, vasto, immenso, sterminato, si contrappone l’uomo, piccolo, finito, imperfetto, smanioso di sondare, di conoscere il segreto che nasconde il colosso, e alle cui sollecitazioni quest’ultimo risponde con indifferenza, quieta grandezza di chi tutto sa e non s’interessa più a nulla. Impossibile non cercare nel contrasto uomo/Solaris il contrasto uomo/Dio, impossibile non accostare all’immensa e vana mole di teorie, di scuole di pensiero e di studi su Solaris l’uguale plurisecolare affannarsi teologico sulla natura della Trinità, sulle prove ontologiche dell’esistenza di Dio, sul concetto dello Spirito Santo e altro ancora.

Un po’ come per le opere di Kafka, anche per Solaris ognuno dà una propria chiave interpretativa. Ne propongo una anch’io, anticipata nelle righe sopra (del resto, non diceva forse Heidegger che la realtà è un circolo ermeneutico, e che non c’è una sola interpretazione ma ogni interpretazione è valida?). Il concetto di fondo dell’opera di Lem è che entità metafisiche non possono dare prove tangibili, ontologiche, fisiche del loro esistere. Il fallimento ultimo delle migliaia di ricerche degli scienziati e planetologi nel risolvere l’enigma di Solaris si basa proprio su quest’errore, lo stesso errore che tutti i dottori della Chiesa e i teologi hanno compiuto in centinaia di anni di tentativi di trovare prove definitive dell’esistenza di Dio.

Nel medioevo, Anselmo d’Aosta giunse a definire le prove che dimostravano senza ombra di dubbio l’esistenza di Dio; ci sarebbe voluto solo Immanuel Kant per far crollare quelle certezze, giungendo ad affermare che l’uomo può conoscere fenomeni, ma non “noumeni”: può conoscere solo ciò che percepisce attraverso i sensi, ma Dio è noumeno, è inavvertibile. Cadeva così ogni speranza di giungere un giorno a chiudere l’eterna disputa tra fedeli ed atei con una prova definitiva in favore dei primi, e l’uomo credente tornò a chiudersi nella propria esperienza di fede mistica e solitaria, poiché solo in questo modo può tentare di raggiungere Dio. Solo Kelvin capisce tutto questo, o forse neanche lui lo capisce razionalmente ma lo accetta irrazionalmente.  L’unico contatto possibile con Solaris non è scientifico, ma metafisico: le apparizioni, le “entità F” che Solaris manda agli scienziati della stazione orbitante non hanno alcun fondamento scientifico, semplicemente non possono esistere. Non è con la fisicità delle apparizioni che Solaris cerca il contatto con l’Uomo, ma col modo di reagire tutto personale e interiore degli scienziati della stazione nei confronti di quelle apparizioni. Solo in questo modo appare spiegata, ed assume un significato profondissimo, la frase finale del romanzo: «… ma persistevo nella fede irremovibile che l’epoca dei miracoli crudeli non fosse ancora finita». E’ un fede, quella di Kelvin, non una certezza positivista, ed una fede in un miracolo, in qualcosa cioè di totalmente irrazionale, di assolutamente mistico. E’ l’attesa del manifestarsi della divinità, l’attesa del miracolo. La stessa attesa, possibile solo con uguale “fede irremovibile”, a cui chi crede è costretto a rassegnarsi in un mondo in cui miracoli tangibili, quelli biblici e quelli di Cristo, non si verificano da duemila anni ed insegnano che, se un Dio esiste, esso non tenterà  – o non tenterà più – un contatto fisico ma solo nello spirito degli uomini che continuano a credere. (A cura di www.fabbricantidiuniversi.it)

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