giovedì, Marzo 28, 2024
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Le sfide per l’economia circolare

Dal caro energia al Pnrr (06 01 2022)

Il 2022 si apre con snodi cruciali, destinati a incidere in profondità sugli equilibri politici italiani. L’elezione del presidente della Repubblica potrebbe infatti innescare un effetto domino sulla tenuta della maggioranza. Una volta superata questa fase e con un quadro chiaro e assestato, sarà necessario concentrarsi su alcuni passaggi determinanti per garantire all’Italia una crescita economica solida e duratura. In particolare, occorre chiarire ruolo e funzione delle imprese e quale sarà il terreno su cui esse si troveranno a operare nei prossimi anni. Senza un ecosistema sano e funzionale, molte realtà del nostro Paese rischiano di non poter sprigionare il proprio potenziale, disperdendo così la carica propulsiva di un volano formidabile per l’Italia. Un concetto ancor più valido per le realtà attiva nel settore dell’economia circolare, all’interno di una fase storica in cui la transizione ecologica sembra essere diventata la priorità ineludibile di tutti. Ma, come spesso accade, tra dichiarazioni di intenti e realtà dei fatti troppo spesso si è registrato un avvilente scollamento. Ed è proprio qui che si gioca il futuro della nostra economia. 

Un aspetto dirimente che ovviamente non coinvolge soltanto l’Italia – ma che rappresenta una questione globale – è quello legato ai rialzi dei costi energetici e al conseguente rincaro delle bollette, che grava pesantemente su cittadini e imprese. A livello comunitario, non si riesce ad affrontare il problema con adeguata risolutezza e coesione. Addirittura, lo scorso dicembre il Consiglio europeo, nonostante si fosse riunito appositamente, non ha trovato alcun accordo sui prezzi dell’energia. Un nulla di fatto assoluto, che ha costretto il nostro Governo a intervenire pochi giorni dopo tramite un emendamento alla Legge di Bilancio. Bisogna in primis ringraziare l’esecutivo guidato da Mario Draghi, che ha introdotto nuove risorse per calmierare i prezzi. Ora bisogna però anche volgere lo sguardo in prospettiva, studiando misure strutturali che consentano alle imprese di programmare su basi solide, senza dover sempre rincorrere l’emergenza. Vogliamo essere fiduciosi e crediamo che il Governo riesca a varare al più presto misure in grado di incidere in modo permanente, poiché il problema non sembra destinato a esaurirsi in breve. Senza azioni profonde e strutturali le imprese italiane rischiano drammaticamente di finire a breve in ginocchio. Non possiamo minimamente permetterci di scontare un ulteriore gap di competitività rispetto alle altre realtà europee, soprattutto nell’ambito dell’economia circolare. Un settore che costituisce il cuore propulsivo della transizione ecologica e che, se soffocato, rischia di rallentare la crescita economica di tutto il Paese. Sarebbe quindi paradossale che i costi legati al processo di transizione vengano scaricati proprio su chi consente lo sviluppo della green economy. È necessario un approccio selettivo, che eviti rincari a pioggia e indiscriminati. 

Quando si parla di gap competitivo, viene naturale evocare il tema della concorrenza che, strutturalmente, rappresenta un mosaico ampio e complesso. Un valido punto di partenza potrebbe consistere nell’applicare con rigore le indicazioni impartite dall’Antitrust che, purtroppo, ancora oggi sembrano destinate a restare lettera morta. Il settore dell’economia circolare necessita infatti di un importante cambio di marcia, proprio a partire da una forte spinta verso maggiore concorrenza. Questo aspetto costituisce un elemento nevralgico nell’ultima relazione dell’Antitrust, che riscontra nel comparto una scarsa concorrenzialità che ne frena strutturalmente lo sviluppo. Un obiettivo strategico e vitale deve essere quello di spezzare la supremazia, anzi il monopolio, dei soggetti pubblici che continua a soffocare e penalizzare le imprese. Un approccio che, tra l’altro, rischia di scontrarsi con l’evidenza dei numeri, utili a fotografare il lavoro virtuoso di tantissime aziende. Dall’ultimo rapporto dell’Unione Nazionale Imprese Recupero e Riciclo Maceri (UNIRIMA), emerge come l’Italia sia avanti di 10 anni rispetto agli obiettivi Ue per il riciclo della carta. Ne 2020 infatti nel nostro Paese il tasso di riciclo degli imballaggi di carta e cartone è arrivato all′87,3%; l’obiettivo europeo invece è dell′85% al 2030. Un dato che dovrebbe costituire un vanto e un’eccellenza da capitalizzare e da valorizzare, ma che viene forse troppo trascurato nelle scelte politiche e nella programmazione degli interventi. 

A livello locale il tema della concorrenza presenta alcuni passaggi che occorre mettere a punto con urgenza, soprattutto sotto il profilo normativo. Restano infatti da chiarire aspetti ostativi per lo sviluppo del comparto del recupero e riciclo della carta, in particolare il tema della TARI e il vincolo dei 5 anni previsto dall’art.238 del Dlgs 152/06. La TARI è infatti ancora slegata dalla quantità dei rifiuti prodotti e dall’effettivo servizio erogato e tale situazione produce effetti distorti. È quindi necessario un intervento che definisca in maniera chiara ed univoca la detassazione per le attività economiche che affidano la gestione dei rifiuti al mercato, evitando contenziosi fra imprese ed Enti locali. Si tratta di una questione affrontata dall’Antitrust, sempre nella sua ultima relazione. In essa, tra le altre indicazioni, si chiede anche la modifica del comma 10 dell’articolo 238 del D.lgs 152/06 (tariffa per la gestione dei rifiuti urbani), poiché l’attuale testo è discriminatorio nei confronti dei gestori privati. La norma infatti prevede che le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani (rifiuti simili) ed effettuano la scelta di affidarli al gestore del servizio pubblico, siano obbligate a stipulare un accordo contrattuale che li vincola per una durata minima di cinque anni. Secondo l’Autorità tale previsione crea una disparità di trattamento nei confronti dei gestori privati, mentre è necessario assicurare dinamiche competitive per garantire la piena applicazione del principio di concorrenza. Bisogna accogliere queste indicazioni senza ulteriori esitazioni e colmare questo gap competitivo che pesa come un macigno sulle imprese e sull’efficienza di servizi essenziali in molte città. 

Contenere i prezzi dell’energia e incentivare la concorrenza sono condizioni necessarie per salvaguardare il potenziale di sviluppo delle imprese. Il PNRR può rappresentare un trampolino di lancio per spingere le imprese verso una crescita sostenibile e supportare quindi l’economia circolare. La dotazione finanziaria destinata agli impianti di riciclo, seppur inferiore alle aspettative, potrebbe consentire un importante ammodernamento impiantistico per le nostre imprese, rendendole appunto più competitive nel confronto sui mercati globali. Purtroppo, i decreti nella loro impostazione e nella suddivisone delle risorse disponibili (1,5 mld agli Avvisi riservati a soggetti pubblici e meno della metà, cioè 0,6 mld, agli Avvisi per le imprese) sembrano garantire un vantaggio per i soggetti pubblici, a detrimento delle imprese. L’auspicio è che, per far decollare queste risorse e tramutarle in assi portanti destinati a sostenere lo sviluppo, i relativi bandi di gara vadano a buon fine e le risorse vengano tutte assegnate, anche se al momento giungono segnali non incoraggianti da parte delle imprese potenziali partecipanti. 

Il 2022 si presenta come un anno decisivo, un vero e proprio bivio, per implementare progetti e iniziative che trasformino l’economia circolare da opportunità a vettore portante del nostro sviluppo economico. Occorre però acquisire una nuova consapevolezza, eludendo ogni rischio di mediazione al ribasso affinché la transizione ecologica non resti una delle tante pietre scolpite sul muro delle occasioni perse.

fonte:

www.msn.com/it-it/money/notizie/le-sfide-per-l-economia-circolare-dal-caro-energia-al-pnrr/ar-AASusJF?ocid=msedgntp

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