domenica, Dicembre 22, 2024
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Rubivirus e salto di specie

Anche i meno interessati agli argomenti di scienza e medicina ormai sanno che il salto di specie (spillover) di un virus dagli animali all’uomo può avere conseguenze drammatiche, come è accaduto con il nuovo coronavirus. In questo senso, desta un po’ di preoccupazione la scoperta di due nuovi rubivirus simili a quello che provoca la rosolia, che fino a questo momento era invece stato l’unico del suo genere. Questi due virus sono stati scoperti da due gruppi di ricerca indipendenti e sono stati descritti in uno studio pubblicato congiuntamente su Nature di cui parla anche Anne Gibbons su Science: uno infetta i pipistrelli in Uganda (virus Ruhugu), mentre l’altro (Rustrela) ha infettato animali appartenenti a tre specie diverse (asini, canguri e capibara) in uno zoo tedesco, quattro specie se si contano anche alcuni topi che orbitavano intorno a questo zoo e che sembravano asintomatici e quindi, probabilmente, serbatoi naturali del virus. Per ora nessuno di questi virus ha infettato gli esseri umani, però come abbiamo visto la possibilità è concreta.

Come vedremo, questa scoperta getta una nuova luce anche sulla formazione del virus originario e soprattutto sul futuro della malattia. Prima di oggi, infatti, l’idea di eliminare definitivamente la rosolia secondo l’OMS non era fantascienza: grazie al vaccino i casi sono piuttosto rari, e soprattutto non esistevano animali che potevano prendere la malattia e continuare a diffonderla in modo incontrollabile. Queste due scoperte mescolano un po’ le carte, anche se non si può nemmeno escludere che i due virus, se dovessero saltare dagli animali agli esseri umani, possano essere bloccati dallo stesso vaccino che stiamo usando contro il rubivirus che già conosciamo.

Per saperne di più sulla storia della rosolia e su come si è diffusa, abbiamo intervistato lo storico della medicina Fabio Zampieri.

Montaggio di Elisa Speronello

Scopriamo così che la rosolia, chiamata anche rubella, da “rossastro”, è una patologia molto antica, anche se non riusciamo storicamente a distinguerla da altre malattie esantematiche come morbillo e scarlattina. Fra il 1740 e il 1812 alcuni medici tedeschi hanno individuato precisamente la malattia distinguendola dalle altre, e infatti è chiamata anche “morbillo tedesco”, ma tutto fa pensare che la rosolia circolasse da molto tempo prima. Nel 1941 un oftalmologo australiano ha scoperto anche la sindrome da rosolia congenita: la malattia può non essere troppo pericolosa per le persone che la contraggono, ma lo è in caso di gravidanza. Il virus, infatti, passa attraverso la placenta, e può causare anche gravi malformazioni (per esempio malformazioni oculari come la cataratta o patologie multi organo anche molto serie).

Un nuovo vaccino è stato introdotto fra gli anni Settanta e Ottanta: l’RA27/3 è quello più efficace ed è stato ottenuto su colture di fibroblasti umani. Negli anni successivi si è cercato quindi di eradicare la malattia, e il tentativo aveva portato a ottimi risultati: il virus della rosolia era unico nel suo genere, quindi una volta trovato un vaccino efficace bastava impegnarsi nello sforzo di diffonderlo in tutto il mondo. Ora come ora bisogna tenere sotto controllo i nuovi virus scoperti per scongiurare un nuovo spillover, senza allarmismi ma anche con la consapevolezza che il rischio esiste.

Fonte: LIVE (UNIVERSITA’ DI PADOVA)

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