domenica, Maggio 5, 2024
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Lo studio della coscienza fa parte della fisica o della metafisica?

Maria Angela Ferrara

La distinzione tra mente e coscienza non è ancora ben definita e chiara, i due termini non possono essere trattati come elementi ai quali attribuire caratteristiche peculiari che ne determinino la differenza, perciò, fino a quando le ricerche non saranno in grado di stabilirne le qualità specifiche, il loro significato resterà sfumato ed intrecciato permettendoci di utilizzare le due parole, dalla vertiginosa semantica, indifferentemente.

Il mistero della coscienza è il così detto “hard problem” della scienza contemporanea. Si può considerare la coscienza, come oggetto della ricerca scientifica? Il rapporto tra mente e mondo potrebbe illuminarsi di nuova luce grazie allo studio sulle transizioni di fase, sui processi collettivi, sul concetto di emergenza, sulla riduzione del pacchetto d’onda. Queste ricerche hanno fornito potenti strumenti concettuali e matematici per cercare di collegare fisica e biologia ai processi cognitivi; si tratta dello studio sulla complessità in natura, sui punti critici, sulle strutture dissipative e i sistemi lontani dall’equilibrio, sull’intelligenza di sciame, sulle leggi universali che i sistemi esibiscono in qualsiasi dominio, sulle reti e sugli hub, sul problema della misura in meccanica quantistica.

E’ la complessità che si estrinseca in tali fenomeni. Gli sperimentatori organismi complessi, parti inscindibili dei fenomeni che indagano, pongono domande adottando prospettive diverse rendendo manifesti livelli organizzativi integrati tra loro, dove cognizione e fenomeno studiato diventano un unico evento. In questo modo le strategie cognitive diventano parte integrante della teoria che si costruisce, stabilendo un accoppiamento profondo tra mente e mondo.

La coscienza individuale viene ad assumere così un ruolo fondamentale per la scienza e per l’epistemologia. La sua irriducibile soggettività riflette la nostra immersione nel mondo e si modifica continuamente esplicandosi in una pluralità di livelli descrittivi che mettono in discussione la completezza di ogni rappresentazione della realtà: un fenomeno può essere descritto in modi molteplici; ma, forse, proprio questa incompletezza si può trasformare in una risorsa per lo studio delle strategie cognitive e della coscienza.

Il matematico Kurt Gödel demolisce, con il suo teorema di incompletezza, la fede nell’assolutismo razionalistico, ci fa comprendere come il linguaggio della matematica sia un’ astrazione che fornisce un modello della realtà.

Nel corso dell’impresa scientifica, l’abbandono del miraggio di giungere a certezze ed oggettività diventa sempre più diffuso e coinvolge lentamente tutte le discipline. Anche la fisica, una delle scienze dure, usa termini come relazione, interconnessione, interazione, indeterminazione.

La pretesa di oggettività e di certezza assoluta rispetto ai risultati sperimentali ed all’indagine asettica di eventi, diventa sempre più difficile. Gli scienziati sanno, infatti, che stanno investigando sulle proprietà di modelli di realtà piuttosto che sulla realtà stessa.

La rappresentazione di un fenomeno è un risultato percettivo legato al modello che si costruisce e del quale si dà una codificazione. Naturalmente la scienza ha bisogno di modelli per tentare di sciogliere i nodi che si presentano e che diventano oggetto di studio.

I modelli che si costruiscono restituiranno solo una prospettiva relativa ai modi di interazione tra le parti, costituita anche da percezione e da livelli cognitivi.

Ogni descrizione del mondo è connessa alla scelta dell’osservatore in relazione alle domande che vengono poste, agli obbiettivi della ricerca, agli stati d’animo e perfino alle emozioni.

L’ ascolto di un brano musicale, ad esempio, viene filtrato e recepito in maniera soggettiva in base a molteplici parametri che caratterizzano il momento ed il modo in cui la musica viene ascoltata.

In questo contesto anche una teoria scientifica diviene frutto di una strategia cognitiva; il rapporto tra mente e mondo si inquadra così in un unico schema logico in cui mente e materia si collocano come elementi dinamici di uno scenario unitario. La mente è correlata al mondo.

Che cosa occorre, allora, per poter applicare il metodo scientifico allo studio della coscienza? Le classiche leggi della fisica o della termodinamica forse non sono sufficienti per un approccio rigoroso in questo ambito.

Le neuroscienze stanno facendo enormi passi avanti nello studio dell’anatomia cerebrale ed evidenziano lo stretto rapporto tra mente e mondo. Qui si colloca e ci viene in soccorso il concetto di informazione la cui teoria ci può aprire spiragli per uno studio della mente come oggetto della ricerca scientifica.

Gli scienziati Norbert Wiener e J. von Neumann che hanno svolto un ruolo decisivo alla nascita della cibernetica, sostennero che l’informazione doveva essere posta accanto all’energia nella costruzione del pensiero scientifico, come una grandezza che è capace di descrivere qualsiasi sistema e costituire così un linguaggio interdisciplinare per l’integrazione e l’unificazione delle scienze.

L’informazione potrebbe intendersi come energia strutturata. Ogni sistema naturale si appropria dell’informazione in modo unico in relazione alla sua storia ed al suo contesto e, sulla base dell’informazione stessa, acquisisce dati sia sintattici che semantici sul mondo con il quale interagisce e, in base a processi di decodifica, attraverso opportuni recettori, agisce di conseguenza.

Si rende quindi indispensabile che la ricerca tenga conto di come un sistema naturale codifichi l’informazione e di come ne comprenda il significato.
Tutti gli organismi viventi potrebbero essere visti come elaboratori naturali di informazione e la mente come un processo che coinvolge sia la struttura cerebrale sia il contesto con il quale interagisce, modificando se stesso e l’ambiente, in uno scambio infinito di relazioni costruttive.

La mente perciò è diffusa tra corpo e mondo e, come in una sinfonia o in un gioco interattivo, il vivente è contemporaneamente esecutore, interprete ed ascoltatore in un continuo feedback informazionale che costruisce una realtà peculiare ad ogni organismo.

La mente diviene così una condizione fondamentale del nostro essere e del nostro vivere nel mondo. Come già intuito da Gregory Bateson che definì l’informazione “una differenza che genera una differenza” o da Humberto Maturana e Francisco Varela che descrissero “l’accoppiamento strutturale tra l’organismo e l’ambiente” si può arrivare ad affermare che vita e cognizione sono aspetti di un unico processo.

Si potrebbe concludere che lo studio della coscienza fa parte sia della scienza, poiché si avvale del sostegno della teoria dell’informazione e delle neuroscienze, delle ricerche sui processi collettivi e sugli oscillatori armonici neuronali, sugli automi cellulari, sia della metafisica in quanto territorio ancora inesplorato in cui si sono avventurati tanti ricercatori come ad esempio il fisico David Bohm che ha ipotizzato un ordine implicito in cui mente e materia sono indistinguibili, il teorico della teoria dei sistemi Ervin Laszlo che risacralizza il cosmo ponendone a fondamento il campo akashico oppure lo psicanalista Jung che ha elaborato la teoria dell’ inconscio collettivo, solo per citarne alcuni.

Da parte mia ritengo che solo una visione sistemica ed interdisciplinare consentirà di sottoporre la mente, sfuggente sostanza, tanto simile alle altre altrettanto sfuggenti particelle elementari di cui la materia è costituita, ad un’indagine rigorosa.

Una recente pubblicazione sulla rivista “Frontiers in Physics” riporta uno studio che evidenzia forti somiglianze strutturali tra l’organizzazione macroscopica del cosmo e quella microscopica delle reti neurali, i due dominii, all’apparenza così diversi, sono sorprendentemente simili.

Chissà forse mente e materia costituiscono una unità indivisa ed il riuscire ad entrare in risonanza con il mondo è, oggi come ieri, il primo passo per poter raggiungere nuove frontiere e conoscenze che consentirebbero di affrontare, con rinnovato entusiasmo, un cambiamento di paradigma.

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