giovedì, Maggio 9, 2024
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Ipazia (Hypatia) (Alessandria d’Egitto 355 – ivi 415)

Matematica, astronoma e filosofa, nonché rappresentante della filosofia neo-platonica. La sua uccisione da parte di una folla di cristiani in tumulto, che secondo taluni autori era composta di monaci detti parabolani, l’ha resa secondo il teosofo Augusto Agabiti una «martire della libertà di pensiero

A cura di Pietro Musilli, nonché tratto da: La Stampa, 21-8-1999, supplemento Tutto Libri tempo Libero”, a cura di P.Odifreddi.

Matematica, astronoma, filosofa ellenistica, pagana. Poté studiare l’astronomia, la matematica, la filosofia e le scienze, sebbene donna insegnò pubblicamente filosofia ed appartenne alla corrente neoplatonica. Ottenne il rispetto di tutti per la sua sapienza ed ebbe una notevole influenza politica sulla città, e in particolare sul prefetto imperiale, Oreste. La sua fama deriva soprattutto dalla sua uccisione da parte di una setta (NB una setta) di fanatici cristiani.  Hypatia fu una vittima del conflitto tra Fede e Ragione e ciò accadde nel marzo del 415, quando un assassinio impresse, come disse Gibbon nell’opera “Declino e caduta dell’impero romano”, una macchia indelebile” sul cristianesimo. La vittima fu una donna: Ipazia, detta “la musa” o “la filosofa” e il mandante, secondo alcune fonti, fu un vescovo, che poi divenne Santo: Cirillo, patriarca di Alessandria d’Egitto.

Il contesto storico in cui l’avvenimento ebbe luogo è il periodo in cui il cristianesimo effettuò una mutazione genetica, cessando di essere perseguitato con l’editto di Costantino nel 313, diventando religione di Stato con l’editto di Teodosio nel 380, e iniziando a sua volta a perseguitare nel 392, quando furono distrutti i templi greci e bruciati i libri “pagani.

Figlia di Teone, rettore dell’università di Alessandria e famoso matematico egli stesso, Ipazia e suo padre sono passati alla storia scientifica per i loro commenti ai classici greci: si devono a loro le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto che presero la via dell’Oriente durante i secoli, e tornarono in Occidente in traduzione araba, dopo un millennio di rimozione.

Ma Ipazia fu anche l’inventrice di un modello di astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, oltre che la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica. L’astrolabio perfezionato e progettato da Ipazia era formato da due dischi metallici forati, ruotanti uno sopra l’altro mediante un perno rimuovibile. Tale strumento era utilizzato per calcolare il tempo, per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti; inoltre, pare che mediante questo strumento essa risolse alcuni problemi di astronomia sferica.


Le fonti le attribuiscono tre opere, oggi perdute:
– Commentario sull’Almagesto di Tolomeo, completamento o redazione editoriale di un’opera del padre (astronomia).
– Commentario sull’Arithmetica di Diofanto di Alessandria (matematica)
– Commentario sulle Coniche di Apollonio di Perga (geometria).


È possibile che abbia scritto anche altre opere di cui non ci è pervenuta notizia.
Le sue opere sono andate perdute, ma alcune copie sono state ritrovate nel Quattrocento; per ironia della sorte, nella Biblioteca Vaticana. Le uniche notizie di prima mano su di lei ci vengono dalle lettere di Sirenio di Cirene: l’allievo prediletto che, dopo averla chiamata “madre, sorella, maestra e benefattrice”, tradì il suo insegnamento e passò al nemico, diventando vescovo di Tolemaide.
Il razionalismo di Ipazia, che non si sposò mai ad un uomo perché diceva di essere già “sposata alla verità” costituiva un contro altare troppo evidente al fanatismo di Cirillo. Uno dei due doveva soccombere e non poteva che essere Ipazia, il vaso di coccio contro quello di ferro.

Nel marzo del 415, secondo talune fonti, su ordine di San Cirillo di Alessandria, un gruppo di cristiani fanatici aggredì la filosofa mentre ritornava a casa e poi fu scarnificata con conchiglie affilate, smembrata e bruciata. . L’avvenimento è raccontato in fonti sia di parte pagana che cristiana.


Oreste denunciò il fatto a Roma, ma Cirillo dichiarò che Ipazia era sana e salva ad Atene. Dopo un’inchiesta, il caso venne archiviato “per mancanza di testimoni”. La battaglia fra fede e ragione si concluse con vincitori e vinti, e il mondo ebbe ciò che seppe meritarsi. Come si vede, già i puri fatti sono sufficienti ad imbastire un discreto romanzo, come ha fatto Caterina Contini nel suo libro “Ipazia e la notte”. Se poi questi fatti sono riconosciuti con attenzione psicologica e filosofica, e narrati con scrittura dolce e ispirata, allora diventa ottimo, e permette alla figura di Ipazia di stagliarsi luminosa nel buio della notte che la inghiottì insieme alla verità, sua sposa.

A lei è stato anche dedicato “238 Hypatia”, asteroide scoperto nel 1884: diametro medio di circa 148,49 km.

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