venerdì, Maggio 17, 2024
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Politica degli Stati Uniti nei confronti del Giappone dopo l’esplosione delle due bombe atomiche

Una attenta analisi di Pietro Musilli

Circa dieci giorni dopo la distruzione delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki a seguito dell’esplosione delle due bombe atomiche americane, il 15 agosto 1945 l’imperatore del Giappone Hirohito, con un discorso alla radio, si rivolse per la prima volta al suo popolo dichiarando la fine dei combattimenti.

Seppur la firma della resa del paese nipponico avvenne il successivo 2 settembre, già lo stesso giorno del discorso dell’imperatore iniziò l’occupazione del Giappone da parte degli Usa e il generale Douglas MacArthur, comandante delle forze statunitensi del Pacifico, specialmente per le sue qualità di comando e per le sue grandi capacità strategiche dimostrate durante la II guerra mondiale, fu nominato dal Presidente degli Stati Uniti Harry Truman, Comandante Supremo delle Forze Alleate (Supreme Commander of the Allied Powers, SCAP) e gli fu affidata la direzione dell’occupazione del Giappone.

Per circa tre anni a partire dalla resa giapponese il generale MacArthur, pensò, in linea anche con le idee del Presidente Truman, che fosse necessario per gli interessi occidentali e specialmente americani, rafforzare il Giappone per farne un ostacolo all’avanzata dell’ideologia comunista in Estremo Oriente. Ed anche per questo motivo, venne deciso di non giudicare l’imperatore Hirohito, peraltro considerato dai giapponesi una figura “sacra”, inviolabile e quasi “divina”, e neanche giudicare i membri della famiglia imperiale coinvolti nella guerra. Inoltre all’imperatore gli permisero di rimanere sul trono anche per cercare di mantenere la stabilità e l’ordine pubblico in un paese profondamente ferito e che aveva anche subìto, per la prima volta nella storia, un attacco atomico. Ma costui doveva rinunciare alla sua asserita origine divina e diventare invece una figura rappresentativa tipica, sempre importante,  di una monarchia costituzionale. Il processo di democratizzazione del Giappone era ormai avviato.

In seguito, il Giappone e gli Usa divennero alleati, anche perché dopo la fine della II guerra mondiale il mondo era ormai molto cambiato dal punto di vista geopolitico e il nuovo nemico, dopo pochi anni, sarebbe stato l’Urss.

MacArthur voleva  raggiungere l’obiettivo di creare un nuovo Giappone, aperto e democratico, con una Costituzione(*) democratica in stile americano, un paese completamente rinnovato ed infine eliminando il passato feudale ed incidere sulla tradizionale società giapponese. Per ottenere tutto ciò il generale si servì anche di esperti di cultura nipponica per conoscerne le tradizioni e la cultura, che erano così diverse da quelle americane: l’obiettivo venne raggiunto. Anche per quanto riguarda l’istruzione furono fatte importanti riforme e il sistema scolastico ed anche quello universitario venne cambiato adottando il modello americano.

(*) Tra l’altro, nella Carta costituzionale giapponese, approvata circa 2 anni dopo la fine della guerra, è sancito espressamente il “rifiuto della guerra”, similmente alle Costituzioni dell’Italia e della Germania.

Il generale cercò inoltre di favorire la ripresa industriale del paese, con il solo divieto per il settore bellico, e, tra l’altro, fece introdurre i primi sindacati della storia giapponese. Fu infatti grazie agli Usa che il paese nipponico si risollevò dalla situazione disastrosa, raggiunse una elevata crescita economica a partire già dagli anni ’50 ed avvenne un vero boom economico.

L’occupazione militare prima e la successiva modernizzazione del Giappone aveva anche prodotto e/o imposto in molti campi l’assimilazione della cultura occidentale e specialmente americana, ma i giapponesi restarono  comunque fedeli alle loro tradizioni, difendendosi sempre da ogni penetrazione culturale straniera. Il Giappone diventò quindi un “Paese che guarda al futuro” pur rimanendo fedele a tradizioni e comportamenti antichissimi.

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